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martedì 29 novembre 2011

Cassazione sentenza n. 27477/2008 - lavoro straordinario


(OMISSIS)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con distinti ricorsi al Tribunale di Orvieto depositati il 17.2.2003 ed il 5.3.2003 e successivamente riuniti gli attuali intimati, dipendenti della Provincia di Terni, esponevano che dal 1992 al 2000 avevano osservato turni di pronta reperibilità in giorni festivi destinati al riposo senza prestazione di attività lavorativa e che la Provincia non aveva mai concesso loro il riposo compensativo previsto dall'art. 49 del DPR n. 333/1990, limitandosi a corrispondere l'indennità di reperibilità. Sostenevano di aver diritto al risarcimento del danno, definito “biopsichico”, per non aver usufruito di un giorno di riposo compensativo in corrispondenza con i giorni festivi in cui avevano prestato servizio di reperibilità. Chiedevano pertanto la condanna della Provincia al risarcimento del danno da commisurarsi ad una giornata di normale retribuzione o da determinarsi in via equitativa per ogni giorno di riposo compensativo non goduto in relazione alle giornate festive di reperibilità, che ciascuno indicava nel suo ricorso anno per anno.

L'Amministrazione Provinciale di Terni si costituiva e resisteva nel merito osservando che il riposo compensativo non riduceva la prestazione oraria di 36 ore settimanali, con la conseguenza che le ore giornaliere di lavoro (6) andavano redistribuite negli altri giorni della stessa settimana; rilevava che nel periodo considerato nessuno dei ricorrenti aveva chiesto di usufruire del riposo compensativo con diversa articolazione dell'orario di lavoro; escludeva comunque che i ricorrenti avessero ricevuto alcun danno dalla reperibilità festiva.

Il Tribunale di Orvieto, con sentenza depositata il 17.10.2003, rigettava i ricorsi.

I lavoratori proponevano appello e la Corte di Appello di Perugia, con sentenza depositata il 13.2.2006, in riforma della decisione del Tribunale, condannava l'ente convenuto a corrispondere ai ricorrenti, a titolo di risarcimento danni per il mancato godimento del riposo compensativo, un compenso pari al 30% della normale retribuzione giornaliera per ogni giorno festivo di pronta reperibilità ricadente nel periodo dal luglio 1998 all'ottobre 2000, oltre accessori.

La Corte territoriale osservava che il servizio di reperibilità svolto nel giorno destinato al riposo limita, anche senza escluderlo del tutto, il godimento del riposo, che costituisce un diritto inderogabile fissato dall'art. 36 Cost., con la conseguenza che i lavoratori hanno diritto ad un trattamento economico proporzionato alla corrispondente restrizione del godimento del riposo. Rilevava, inoltre, che anche il diritto al riposo compensativo nel caso in cui la reperibilità ricadeva in un giorno festivo, previsto dall'art. 49 comma 1 del DPR 3.8.1990 n. 33, doveva ritenersi inderogabile, con la conseguenza che, in mancanza, il lavoratore aveva diritto ad una somma a titolo di indennizzo. Riteneva quindi di dover determinare la misura del risarcimento del danno in via equitativa liquidandolo in misura pari al 30% della normale retribuzione giornaliera contrattuale; tale misura teneva conto sia del fatto che il riposo festivo era stato solo compresso ma non escluso, sia del fatto che anche in caso di reperibilità il lavoratore era tenuto ad osservare l'orario settimanale di lavoro.

Per la cassazione di tale sentenza l'Amministrazione Provinciale di Terni ha proposto ricorso sostenuto da tre motivi e illustrato con memoria. I lavoratori resistono con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE


Con il primo motivo di ricorso la Provincia denuncia violazione dell'art. 36 Cost., dell'art. 49 comma l del DPR n. 333/1990, dell'art. 2109 cod. civ. e degli artt. 1 e 2 legge 27.5.1949 n. 260, nonché omessa motivazione. Censura la sentenza impugnata laddove ha affermato la inderogabilità ed irrinunciabilità del diritto al riposo compensativo confondendo la nozione di riposo dopo sei giorni consecutivi di lavoro, costituzionalmente tutelato, dal riposo nei giorni festivi, fattispecie non sempre coincidente con la prima. Lamenta che la Corte non abbia tenuto conto del fatto che, secondo quanto affermato dagli stessi lavoratori, nei giorni di reperibilità non vi era stata alcuna prestazione lavorativa e che la reperibilità era stata compensata con apposita indennità. Sostiene che il riposo compensativo nel caso di reperibilità in giorno festivo si configura come diritto disponibile subordinato a domanda del lavoratore.

Con il secondo motivo, denunciando omessa motivazione, la Provincia censura la sentenza impugnata per non aver considerato che l'eventuale (e non obbligatoria) diversa articolazione delle ore lavorative del giorno di riposo compensativo doveva essere prevista e regolata da un accordo collettivo che nel periodo considerato dai ricorrenti non era ancora intervenuto. Lamenta altresì la mancata ammissione di una prova testimoniale.

Con il terzo motivo, denunciando violazione degli artt. 2087, 1223 e 2697 cod. civ. e violazione dell'art. 112 c.p.c., la ricorrente censura la sentenza impugnata per aver liquidato il danno in via equitativa, pur non ricorrendo le condizioni di legge per una siffatta liquidazione ed in mancanza di ogni prova da parte dei lavoratori del preteso danno biopsichico che assumevano di aver subito.

I primi due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono fondati nei limiti delle considerazioni che seguono.

È pacifico in fatto, per quanto concerne i lavoratori resistenti, che il servizio di reperibilità è stato loro richiesto sempre in giorno di domenica, che il lavoro in detto giorno festivo non è stato mai effettivamente prestato, che la reperibilità è stata compensata con apposita indennità e che il giorno di riposo compensativo non è stato né richiesto dai lavoratori né disposto dal datore di lavoro.

Ciò premesso in fatto, si discute se i lavoratori abbiano comunque diritto ad un particolare ristoro per il danno definito “biopsichico” conseguente al mancato godimento del giorno di riposo compensativo.

La reperibilità, prevista dalla disciplina collettiva, si configura come una prestazione strumentale e accessoria, qualitativamente diversa dalla prestazione di lavoro e consiste nell'obbligo del lavoratore di porsi in condizione di essere prontamente rintracciato in vista di una eventuale prestazione lavorativa. Pertanto, non equivalendo ad una effettiva prestazione lavorativa, il servizio di reperibilità svolto nel giorno destinato al riposo settimanale limita soltanto, senza escluderlo del tutto, il godimento del riposo stesso e comporta il diritto ad un particolare trattamento economico aggiuntivo stabilito dalla contrattazione collettiva o, in mancanza, determinato dal giudice. Nella specie la reperibilità è stata compensata con apposita indennità e su di essa non vi è discussione tra le parti.

Il diritto (ulteriore) ad un giorno di riposo compensativo in relazione al servizio di pronta reperibilità prestato in giorno festivo senza effettiva prestazione di lavoro, come nel caso di specie, è previsto dalla contrattazione collettiva. Tale diritto non può trovare la sua fonte nell'art. 36 Cost., che prevede il diritto (inderogabile) al riposo settimanale in relazione ad attività lavorativa effettivamente prestata e non ad altre obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro; la pronta reperibilità, pur essendo una obbligazione che trova causa nel rapporto di lavoro, non può essere equiparata alla prestazione effettiva di attività di lavoro, poiché è di tutta evidenza che la mera disponibilità alla eventuale prestazione incide diversamente sulle energie psicofisiche del lavoratore rispetto al lavoro effettivo e riceve diversa tutela dall'ordinamento.

Nella specie il diritto in esame trova la sua fonte nell'art. 49 del DPR n. 333/1990, secondo cui “qualora la pronta reperibilità cada in un giorno festivo, spetta un riposo compensativo senza riduzione del debito orario settimanale”. In forza di tale disposizione il dipendente in servizio di pronta reperibilità in giorno festivo, che non abbia reso prestazione lavorativa, ha diritto ad un giorno di riposo compensativo ma non alla riduzione dell'orario di lavoro settimanale, con la conseguenza che è tenuto a recuperare le sei ore lavorative del giorno di riposo redistribuendole nell'arco della settimana.

L'art. 49 cit. non precisa se il riposo compensativo debba essere richiesto dal lavoratore o disposto d'ufficio dall'amministrazione, né chiarisce in qual modo le sei ore di lavoro debbano essere recuperate. Solo nel marzo 2002 è intervenuto un accordo tra l'Amministrazione provinciale e le OO.SS. per regolare tali aspetti del rapporto. Per il periodo precedente, nel silenzio della norma, deve ritenersi conforme all'interesse dei lavoratori una interpretazione della stessa che lasci ciascun dipendente libero di valutare la convenienza di utilizzare il giorno di riposo compensativo con prolungamento dell'orario di lavoro in altri giorni della settimana. Ciò comporta di conseguenza che la concessione del giorno di riposo compensativo nel periodo considerato era subordinata alla richiesta del lavoratore. È pacifico che gli attuali resistenti non hanno mai chiesto di godere del giorno di riposo compensativo in relazione alle reperibilità festive indicate negli atti introduttivi. Il mancato godimento del riposo compensativo non può dunque essere imputato all'Amministrazione.

I lavoratori resistenti, peraltro, neppure possono sostenere di aver subito un danno da usura psico-fisica in conseguenza del mancato recupero. I dipendenti, infatti, nei giorni festivi da loro indicati non hanno svolto alcuna attività lavorativa e l'eventuale godimento del riposo compensativo non li esimeva comunque dall'obbligo di prestare 36 ore di lavoro settimanali. D'altro canto all'obbligo di mera disponibilità ad una eventuale prestazione non può attribuirsi una idoneità ad incidere sul tessuto psicofisico del lavoratore tale da configurare una violazione di norme generali. Il compenso per l'obbligo di reperibilità non seguito da effettiva attività lavorativa non può che essere lasciato alla contrattazione collettiva, che nella vicenda in esame non risulta esser stata disattesa.

In definitiva i primi due motivi del ricorso devono essere accolti, mentre il terzo deve essere dichiarato assorbito. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto delle domande introduttive. Sussistono giusti motivi, in relazione alla particolarità della controversia ed alle contrastanti decisioni dei giudici di merito, per compensare interamente tra le parti le spese dell'intero processo.

P.Q.M. 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta le domande introduttive.
Compensa tra le parti le spese dell'intero processo.